Il testo unico per l’edilizia è stato emanato nel 2001, il famoso decreto presidenziale 380/01. Non entrò subito in vigore, fu posticipato proprio perché era un momento molto particolare della storia della Repubblica italiana: si stava lavorando ed era anche stato emanato il nuovo regime del titolo quinto, era stato cambiato l’assetto delle regioni, soprattutto quelle a statuto ordinario, che sono diventate ancora più importanti con il nuovo regime di legislazione concorrente, e hanno acquistato maggiori poteri e maggiori facoltà proprio in materia edilizia e urbanistica.
Tutto questo però ha creato alcuni bug, e cioè che le regioni, non avendo un confine ben preciso in tema di legislazione concorrente, spesso hanno sconfinato nelle proprie competenze e purtroppo la corte costituzionale è intervenuta più volte, anche quando le regioni volevano effettivamente fare provvedimenti per semplificare la vita a cittadini, a istituzioni, a pubbliche amministrazioni.
Il testo unico fu emanato nel 2001, ma è stato il risultato di una lunga corsa legislativa, che ha modificato l’intera struttura delle procedure edilizie, quindi il permesso di costruire che è stato introdotto per la prima volta, la DIA, e anche l’embrione di quello che diventerà l’edilizia libera. In questo testo unico sono state raccolte anche normative di settore come quella sul risparmio energetico, quella sugli impianti, la strutturale e l’antisismica. Anche qui, in parte, ci sono molte norme di settore ancora vigenti e allora vigenti nel 2001, e in certi casi ci sono anche doppioni, quindi si possono trovare articoli omologhi in versioni normative diverse, per esempio proprio quella strutturale antisismica.
Il testo unico per l’edilizia non contiene però la parte paesaggistica e dei beni culturali che invece già allora aveva il proprio testo unico e che fu sostituito interamente con il noto codice dei beni culturali decreto legislativo 42/04. Molte leggi furono abrogate o parzialmente abrogate dall’emanazione del testo unico per l’edilizia (pensiamo alla prima legge sul condono edilizio, la 47/85), la legge Bucalossi, la legge 457/78 e tantissime altre.
Ad oggi troviamo un testo unico per l’edilizia che ha subito una serie di modifiche intervenute nel corso del tempo dal 2001 al 2018. La più significativa è stata quella con il cosiddetto decreto CA2, il decreto legislativo 222/2016, che ha rimodificato ancora una volta le categorie di intervento e le procedure. Un consiglio importante: non vi dovete fermare al testo unico per l’edilizia, dovete fare riferimento alla relativa legge regionale di governo del territorio e dell’urbanistica che, con ogni probabilità, contiene tutti i riferimenti e integra le procedure e le categorie, e tutto quanto è stato indicato nel testo unico per l’edilizia. Però è sconsigliabile anche il contrario: non si deve solo guardare la leggere regionale urbanistica dimenticandosi del testo unico per l’edilizia, soprattutto nelle regioni a statuto ordinario, cioè quelle dove c’è la legislazione concorrente.
Non si deve mai perdere di vista il testo unico per l’edilizia, perché possono annidarsi normative anti-costituzionali o borderline che, come reazione a catena, potrebbero creare problemi e invalidare le pratiche di edilizia presentate anche in passato e quelle presenti.
Il testo unico per l’edilizia da anni contiene alcuni bug normativi: alcuni risolti, ad esempio come quello della famosa DIA alternativa al permesso di costruire. Quindi se sei un investitore immobiliare, se sei un proprietario e soprattutto se sei un professionista devi fare un’adeguata formazione su entrambi i versanti: nazionale con il testo unico per l’edilizia e regionale.
Infine, va sottolineato che il testo unico per l’edilizia contiene un’anima prettamente amministrativa e burocratica: oggettivamente, di edilizia ha ben poco. Piuttosto contiene la parte meritamente procedurale: ad esempio, tutta la normativa relativa all’agibilità, una volta abitabilità. È una procedura che è stata completamente cambiata nel 2016 con il cosiddetto decreto CA2, ma che ritroviamo appunto nel testo unico per l’edilizia.
A questa pagina trovi il PDF con il testo unico edilizia al completo, dove troverai trattati alcuni temi come le agevolazioni fiscali ristrutturazione e gli incentivi ristrutturazione edilizia.
Note da CNA Nazionale sul testo unico edilizia
Il decreto varato in via definitiva dal Consiglio dei ministri impatta sui capisaldi del codice appalti entrato in vigore tre anni fa. Semplificazioni per l’edilizia privata.
Arriva a tre anni esatti dall’entrata in vigore del nuovo codice – diventato operativo il 19 aprile 2016 – la controriforma degli appalti voluta dal governo M5S-Lega, nel tentativo di far ripartire piccole e grandi opere intrappolate nella morsa di burocrazia, sciopero della firma dei funzionari pubblici, difficoltà di programmazione e progettazione delle amministrazioni, scarsa o nulla capacità di dare attuazione ai pilastri della riforma di tre anni fa, rimasta largamente sulla carta. Il decreto Sblocca-cantieri, riapprovato ieri in Consiglio dei ministri e subito pubblicato in Gazzetta per compensare i ritardi seguiti al primo varo salvo-intese del 20 marzo, apporta ben 81 correzioni ai 216 articoli del codice del 2016: un tornado di modifiche che ora dovranno essere digerite da stazioni appaltanti e imprese, in attesa che prenda forma il nuovo regolamento unico attuativo.
La retromarcia sul potere di regolazione dell’ANAC di Raffaele Cantone è la prima grande svolta. Il decreto fa piazza pulita di molte linee guida e decreti già varati o in corso di emanazione per sostituirli con un regolamento vincolante e dall’impostazione rigida. Un ritorno al passato nel tentativo di dare certezze a funzionari pubblici e imprese spaventati dagli eccessi di discrezionalità arrivati con il nuovo modello della regolazione flessibile.
Il nuovo testo del decreto stabilisce che il regolamento dovrà essere varato entro 180 giorni (con il precedente codice ci sono voluti quattro anni) e solo allora verranno cancellati i provvedimenti attuativi già varati. Per il resto il testo definitivo del decreto contiene pochissime novità e moltissime conferme rispetto alle bozze circolate nei giorni scorsi.
Vediamo i punti più significativi.
1. Regolamento unico da varare entro 180 giorni
La norma inserita nell’ultima bozza prevede che il vecchio sistema fatto di linee guida e regolamenti attuativi resti in piedi fino all’arrivo del nuovo regolamento da varare entro 180 giorni dal decreto. Norma ad alto rischio di lasciare stazioni appaltanti e imprese senza bussola. Non solo per il rischio ritardi ma anche perché le stesse linee guida che rimangono in vigore fanno riferimento a un sistema precedente al “tornado” Sblocca cantieri.
2. Commissari straordinari per sbloccare le opere
Il decreto Sblocca-cantieri spiana la strada a un ampio ricorso alla figura del commissario straordinario per sbloccare le opere in stallo. I commissari avranno pieni poteri, potranno svolgere le funzioni di stazione appaltante e by-passare ogni paletto normativo o autorizzazione, a eccezione delle disposizioni antimafia. I commissari saranno nominati con decreti del presidente del Consiglio su proposta del ministero delle Infrastrutture di concerto con l’Economia. I costi per mettere in piedi le strutture commissariali dovranno essere sostenuti attingendo alle risorse previste nei quadri economici dei diversi progetti.
3. Appalto integrato libero fino al 2021
Le stazioni appaltanti avranno più di due anni e mezzo di tempo per approvare progetti fino al livello definitivo e mandarli in gara senza nessun altro dei paletti attualmente previsti (complessità tecnologica o lavori particolarmente innovativi). La misura infatti prevede la possibilità di ricorrere all’appalto integrato per i progetti definitivi approvati entro il 31 dicembre 2020. L’altra condizione da rispettare è quella di pubblicare il bando entro 12 mesi dall’approvazione del progetto.
4. Subappalti gara per gara con tetto al 50%
Sale dal 30% al 50% la quota di contratto subappaltabile dall’impresa principale. Confermata la cancellazione della terna. La grande novità – che non piace alle imprese – è che la percentuale di subappalto ammissibile dovrà essere stabilita gara per gara con i bandi dalle amministrazioni.
5. Spazio al massimo ribasso, gare sopra 200mila euro
Lo sforzo di semplificazione si concentra soprattutto nella fascia delle opere sotto la soglia Ue di 5,5 milioni. Qui si abbandona l’offerta più vantaggiosa a favore del criterio del prezzo più basso, con l’obbligo di escludere le offerte anomale, cioè quelle con percentuali di ribasso superiori alla media. Resta a 40mila euro la soglia per gli affidamenti diretti da parte dei funzionari delle PA, ma sale da 150mila a 200mila euro il tetto massimo per assegnare gli appalti con procedura negoziata e invito ad almeno tre operatori. L’altra grande semplificazione è lo “smantellamento” delle griglie di soglie e conseguente obbligo di inviti per le procedure negoziate di importo superiore a questa soglia. Oltre i 200mila euro il decreto prevede infatti l’obbligo di procedere con gara (procedura aperta), ma con aggiudicazione al massimo ribasso che evita l’obbligo di rivolgersi a commissari esterni e valutare complicati aspetti tecnici.
6. Criteri di aggiudicazione
Se da una parte esprime una netta preferenza (meglio: obbligo, salvo motivazione) per il massimo ribasso sotto soglia, da un’altra il decreto integra l’elenco degli appalti da aggiudicare esclusivamente con l’offerta più vantaggiosa. Niente massimo ribasso anche per servizi e forniture particolarmente innovativi da 40mila euro in su. Viene inoltre cancellato il tetto massimo del 30% al prezzo negli appalti con l’offerta più vantaggiosa e si stabilisce che esclusioni o ammissioni decise da ricorsi non rilevano ai fini del calcolo delle medie o dell’individuazione della soglia di anomalia.
7. Commissari di gara
Arriva la norma, richiesta dallo stesso presidente ANAC, Raffaele Cantone, che concede alle stazioni appaltanti di formare le commissioni di gara (anche solo parzialmente ) con esperti interni, in caso di indisponibilità di professionisti iscritti nell’albo tenuto dall’Autorità Anticorruzione.
8. Piccoli Comuni: addio obbligo di centralizzare gli appalti
I Comuni non capoluogo potranno gestire da soli le procedure di gara di maggior rilievo, senza ricorrere a centrali uniche di committenza o stazioni uniche appaltanti. Il decreto elimina l’obbligo per le amministrazioni comunali non capoluogo di ricorrere a formule di aggregazione per l’acquisizione di lavori, beni e servizi oltre certe soglie. I Comuni non capoluogo, pertanto, dal momento dell’entrata in vigore del decreto-legge possono scegliere se gestire in proprio le procedure di gara per appalti di valori superiori alle soglie dell’articolo 35 del Codice per beni e servizi o superiori alle soglie interne stabilite dallo stesso articolo 37 per i lavori, oppure continuare a fare ricorso alle centrali uniche di committenza o alle stazioni uniche appaltanti.
9. Gare e imprese in crisi
Lo sblocca-cantieri anticipa le norme del decreto sulle crisi d’impresa. Le novità vengono introdotte attraverso la riscrittura dell’attuale articolo 110 del codice . Tra le norme di impatto più immediato c’è la cancellazione della possibilità – ammessa dall’attuale articolo 110 del codice – che l’impresa fallita, ma in esercizio provvisorio di continuità, possa partecipare a nuove gare, sia direttamente sia come subappaltatore. Resta la possibilità di portare a termine i contratti in essere. Viene inoltre equiparato il concordato in continuità al concordato liquidatorio, in linea appunto con il nuovo codice sulle crisi d’impresa.
10. Qualificazione più facile per i costruttori
Finora per dimostrare i requisiti tecnico-economici le imprese potevano attingere ai risultati ottenuti negli ultimi dieci anni. Ora questo limite viene innalzato a 15 anni. Un modo per permettere ai costruttori di superare all’indietro gli anni peggiori delle crisi cominciata nel 2008, andando a pescare risultati non influenzati dal crollo produttivo causato alla crisi del mattone che dura, appunto, proprio da dieci anni.
11. Pagamento diretto dei subappaltatori
Non ci sarà più bisogno di valutare «se la natura del contratto lo consente» per acconsentire alla richiesta di pagamento diretto dei subappaltatori. La norma non chiarisce però come bisognerà regolarsi nei casi concreti, visto che di prassi i subappaltatori sono legati da un legame contrattuale solo con il titolare dell’appalto e non hanno rapporti diretti con la PA.
12. Pareri più veloci per il Consiglio superiore dei lavori pubblici
Scende da 90 a 60 giorni il tempo massimo concesso al Consiglio superiore dei lavori pubblici per rilasciare i pareri sui progetti. Non cambia invece la soglia oltre la quale va richiesto l’intervento del Consiglio.
13. Opere legge obiettivo: niente passaggio al Cipe per le varianti
Per velocizzare l’approvazione dei progetti arriva una misura che cancella l’obbligo di un nuovo passaggio al CIPE per l’approvazione delle varianti alle infrastrutture strategiche previste dal vecchio piano della legge obiettivo. La norma vale per le varianti che determinano aumenti di costo contenuti entro il 50% del valore del progetto definitivo già approvato dal CIPE. E si applicherebbe sia nella fase di approvazione del progetto esecutivo che in quella di realizzazione dei lavori. In questo caso ad approvare la variante sarebbe la stessa stazione appaltante.
14. Anticipazione e pagamento diretto ai progettisti
Nel decreto trova spazio anche l’estensione dell’anticipo del 20% del prezzo a tutti i tipi di appalti e non sono a quelli di lavori. In futuro dunque ne beneficeranno anche progettisti e fornitori. Prevista anche la possibilità di pagamento diretto dei progettisti esterni all’impresa da parte delle stazioni appaltanti negli appalti integrati. L’indicazione della modalità di erogazione del compenso deve essere indicata nei documenti di gara.
15. Cassa depositi e fondi immobiliari nel Ppp
Fondi Immobiliari e istituti nazionali di promozione (tra i quali Cassa Depositi e prestiti) potranno presentare proposte in partenariato pubblico-privato per progetti non previsti dai programmi di lavori pubblici delle PA.
16. Ricorsi: addio al rito super accelerato
Confermato anche l’addio al rito super accelerato negli appalti, che imponeva di contestare subito ammissioni ed esclusioni e stabiliva una corsia accelerata per la decisione dei giudici. Da questo punto di vista il decreto cancella i riferimenti al rito speciale contenuti nel codice del processo amministrativo.
17. Spinta alle demolizioni per rinnovare le città
Anche le contrastate norme sulla rigenerazione urbana alla fine hanno trovato spazio nel decreto. Il tentativo è spingere gli interventi di demolizione e ricostruzione che ora saranno possibili rispettando le distanze «legittimamente preesistenti» tra gli edifici, senza dunque dover applicare gli standard attuali, molto più restrittivi.
18. Ricostruzione privata senza gara
Addio alla “garetta” per la ricostruzione privata nel centro Italia: non sarà più obbligatorio mettere a confronto almeno tre preventivi ma si potrà affidare l’appalto privato direttamente all’impresa. Un’altra novità è nei servizi di progettazione. Il sistema dell’aggiudicazione al massimo ribasso, previa procedura negoziata con consultazione di almeno dieci professionisti, viene esteso ai servizi tecnici e per l’elaborazione degli atti di pianificazione e programmazione urbanistica (per importi sotto soglia).
Il 6 maggio 2019 una delegazione di CNA, composta dai colleghi Mario Pagani (responsabile DPT Relazioni Industriali), Marco Capozi (responsabile Ufficio Relazioni Istituzionali) e Mario Turco (responsabile nazionale CNA Costruzioni) ha partecipato all’audizione in Senato per avanzare valutazioni e proposte in merito al cd Decreto Sblocca-cantieri.
Dal decreto sblocca-cantieri CNA si attendeva una maggiore attenzione alle piccole imprese costrette ad accedere poco e con grande difficoltà al mercato degli appalti pubblici. Nulla di tutto questo. Al Codice degli appalti sono state addirittura introdotte modifiche peggiorative rispetto a quelle inserite nell’ultima Legge di Bilancio. L’affidamento diretto viene ridotto da 150mila a 40mila euro. E la quota di subappalto incrementata dal 30% al 50%. Non è stato previsto niente per la suddivisione in lotti dei maxi-appalti e per valorizzare le imprese del territorio. Servono al più presto correttivi, strumenti e soluzioni che evitino alle piccole imprese l’estromissione definitiva dal mercato degli appalti pubblici.
Più nello specifico, CNA giudica negativamente:
- il ritorno all’affidamento diretto per appalti sino a 40mila euro;
- il ricorso alla procedura negoziata con invito ad almeno 3 operatori per importi da 40 a 200mila euro (precedentemente il tetto era fissato a 150mila euro);
- l’utilizzo della sola procedura aperta per importi da 200 mila al limite della soglia.
Su questi punti in particolare che rappresentano nei fatti l’ambito del sotto soglia, revisionato nel giro di due anni già ben quattro volte e la cui ultima versione (DL sblocca-cantieri ) è sicuramente la peggiore, la CNA ritiene che nell’immediato l’ipotesi di lavoro più efficace sia il rispristino delle disposizioni previgenti e contenute nella recente Legge di Bilancio e l’apertura, in tempi brevi, di un tavolo di confronto sul tema del sotto-soglia, che coinvolga stazioni appaltanti e rappresentanti del mondo della micro e della piccola impresa, finalizzato ad individuare strumenti idonei a favorire l’effettiva partecipazione delle micro e piccole imprese al mercato degli appalti pubblici.
A tal fine ed inoltre, per la CNA sono misure prioritarie e indifferibili la suddivisione in lotti degli appalti, senza la quale, di fatto, le piccole e micro imprese vengono escluse, nonché la valorizzazione delle imprese sul territorio. In questi anni, infatti, numerosi affidamenti sono avvenuti attraverso maxi gare con suddivisione in lotti di importo talmente elevato che di fatto le micro e piccole imprese sono state ab origine escluse dal mercato. L’entità dei lotti costituisce il maggiore disincentivo per le MPMI a partecipare alle singole gare.
Giudizio negativo sul Decreto la CNA lo ha espresso inoltre in merito alla esclusione di un operatore economico a fronte di una possibile violazione nel pagamento di imposte o contributi, ancorché non definitivamente accertata.
Con particolare riguardo al tema del subappalto, al netto della contrarietà di CNA sull’aumento del limite delle opere subappaltabili portato al 50% (la proposta CNA è ripristinare il limite del 30%), la CNA condivide i seguenti punti contenuti nel DL:
- l’eliminazione del divieto al subappalto per operatori che abbiano partecipato alla gara;
- l’abrogazione dell’obbligo di indicazione della terna di subappaltatori in sede di offerta;
- l’eliminazione, per il pagamento diretto, del riferimento alla natura del contratto;
- l’affidamento delle prestazioni ai soci non costituisce subappalto;
- l’esclusione di un operatore anche per fatti addebitabili al subappaltatore.
CNA in sede di audizione ha colto l’occasione per evidenziare una serie di azioni che semplificherebbero in maniera evidente l’accesso delle MPMI al mercato degli appalti e ridurrebbero gli oneri a carico delle stesse:
- riallineare la soglia di obbligatorietà di iscrizione SOA alla prima classifica, innalzando a 258.000 euro la soglia di lavori per i quali è necessario dimostrare i requisiti pe la qualificazione;
- alleggerire gli obblighi di adozione di Sistemi di qualità aziendale, facendo scattare l’obbligo del possesso di certificazioni per l’ottenimento della qualificazione SOA solo a partire dalla V^ classifica;
- abrogare il comma 12, art. 84 del codice, poiché si ritengono pericolosi gli effetti delle disposizioni che prevedono la possibilità che le stazioni appaltanti più strutturate adottino un sistema di qualificazione alternativo, costituendo un proprio elenco di imprese di riferimento;
- eliminare l’obbligatorietà dell’inserimento dei CAM (criteri minimi ambientali) negli appalti pubblici, secondo le indicazioni europee che li definiscono facoltativi.
La CNA sottolinea le luci e le ombre presenti negli emendamenti che vorrebbero ridisegnare l’impatto del Decreto Sblocca-cantieri sul Codice degli appalti. “La proposta – rileva il comunicato della Confederazione – è apprezzabile quando amplia il ricorso all’affidamento diretto fino a 150mila euro e l’utilizzo della procedura negoziata fino a un milione di euro per i lavori, ma contiene anche insidie molto preoccupanti, a partire dalle disposizioni sulla liberalizzazione del subappalto”.
“L’eliminazione di ogni limite al subappalto – precisa la nota – rischia di premiare imprese prive di capacità organizzativa, che poi trasferiranno sulle imprese più piccole responsabilità e oneri di cui dovrebbe farsi carico l’impresa che si è aggiudicata l’appalto. Le piccole imprese, di fatto, vengono condannate alla subalternità per favorire poche grandi imprese, prive di effettiva capacità realizzativa autonoma. Non convince nemmeno l’estensione del perimetro di attività ai lavori pubblici della Consip, la piattaforma per la gestione degli acquisti pubblici. L’utilizzo delle piattaforme può essere utile e funzionale se lo scambio si riferisce a beni e servizi standard, ma non può rappresentare la soluzione se si entra in ambiti e attività più delicate”.
“Chiediamo l’avvio di un tavolo di confronto sulla riforma del Codice degli appalti – conclude il comunicato della CNA- che coinvolga stazioni appaltanti e rappresentanti del mondo dell’impresa per arrivare a un quadro condiviso utile a far ripartire il mercato dei lavori pubblici e a favorire l’accesso delle piccole imprese a questo mercato”.
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