Secondo una struggente leggenda popolare, il vermiglio rododendro che impreziosisce la montagna biellese sarebbe nato da un amore di montagna finito in tragedia.
Si racconta infatti che nella notte dei tempi un pastorello delle alpi sopra Urupa era caduto in un crepaccio proprio mente stava tranquillamente girando per i sentieri fra prati e cime con la sua innamorata.
Sporgendosi avventatamente per raccogliere un fiore, il giovane sarebbe precipitato nel vuoto e cadendo avrebbe lasciato diverse gocce del suo sangue sui rami dei cespugli fra le pietre e queste tracce rossastre avrebbero dato origine proprio ai rododendri, considerati simbolo d’una vita sacrificata.
Non manca chi definisce il rododendro “rosa dei morti”, proprio per la sua tragica origine da una disgrazia di montagna.
Un grido di dolore partito da una roccia nuda e solitaria sarebbe invece all’origine della stella alpina; nata perché una stella pietosa si sarebbe trasformata miracolosamente in fiore per fare compagnia alla montagna solitaria.
Anche la margheritona fiorrancio assume in lingua piemontese il nome sinistro di “fior da mòrt”, forse per ricordare la leggenda che la crede nata dalle lacrime d’una divinità femminile versate per la morte dell’amato ma anche perché abbassa il suo capo al tramonto, quando il sole sembra morire.
Dalla maledizione dell’Uomo Selvatico sarebbe invece nata la nigritella, un’erba che l’abitatore solitario dei boschi avrebbe indicato agli alpigiani della val dl’Elf come ottima per la lavorazione del latte. Ignoranti, scettici e superbi, i montanari avrebbero deriso il povero selvaggio che, indispettito ed arrabbiato, avrebbe miracolosamente trasformato la benevola nigritella in un fiore maledetto, al punto che se in un alpeggio viene introdotta anche una sola nigritella, il latte non riesce a rapprendersi.
L’etnologa Maria Savi Lopez ricordava nel suo prezioso studio sulle leggende alpine che fino al secolo scorso era ancora viva la credenza che dall’intreccio delle radici della nigritella (nota col nomignolo di “discordia”) sarebbe possibile prevedere se un amore sarebbe durato a lungo o invece naufragato in fretta.
Benevolo e considerato addirittura un’erba santa é il finocchio selvatico, potente al punto di tener lontano streghe ed esseri diabolici.
In un’antica leggenda pagana, il “foeniculum vulgare” viene ricordato come l’ingegnoso nascondiglio del mitico Prometeo che avrebbe nascosto nel suo fusto cavo il fuoco rubato agli Dei e portato agli uomini.
L’echinope minore (nome scientifico “echinops ritro”) é una pianta perenne erbacea che viene invece chiamato “pento dle masche” (pettine delle streghe).
L’amica maestra Silvia B. mi fa invece notare il singolare destino dell’ambrosia che da nettare degli dei diventa nella cultura contadina piemontese il nome d’una pianta invasiva che produce un polline fastidioso, causa di diversi distrubi come allergie , asma e congiuntivite.
Com’é possibile che un termine usato per indicare la bevanda principe del pantheon pagano, sia finita ad essere il nome d’un erba maligna ? E perché lo stesso nome indica il “chenopodio ambrosioide” noto come “Té del Messico” o “Tè dei Gesuiti” d’alta tossicità, usato malamente come vermifugo ma considerato una specie di droga ?
Si sostiene comunemente che questi nomi siano stati affibbiati a queste piante in pieno Settecento dal botatico svedese Linné nella classificazione delle “Species Plantarum” perché il termine deriva direttamente dal greco “àmbrotos” che significa immortale e dunque appariva opportuno per indicare la loro robustezza e resistenza.
Non si deve dimenticare che l’ambrosia si trovava nel giardino delle Esperiti, le ninfe della mitologia greca che abitavano il giardino sacro,
Questo luogo straordinario era completamente diverso dal famoso giardino dell’eden della Genesi, perché a differenza del parco biblico dove non si potevano mangiare i frutti dell’albero della vita, era un territorio di piena e totale libertà. Come é logico e giusto nella religiosità del mondo pagano, dove ogni essere é in equilibrio e parte di tutta la Natura.
Saremo grati a chi vorrà segnalarci realtà analoghe a quelle esaminate in questo articolo scrivendo a storiaribelle@gmail.
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