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ATTUALITÀ | 28 aprile 2020, 17:40

Idrossiclorochina VS Covid-19, una terapia considerata efficace ma controversa. Il parere dell'Infettivologo Pietro Garavelli

Il Dott. Pietro Garavelli, Primario della Divisione di malattie infettive dell'Ospedale Universitario Maggiore della Carità di Novara è stato il primo in Italia a iniziare a trattare i casi sintomatici lievi con il Plaquenil.

coronavirus

ll Plaquenil è uno dei nomi commerciali della clorochina o idrossiclorochina, un farmaco vecchissimo, in uso da quasi 70 anni contro la malaria e in tempi più recenti anche nella terapia dell’artrite reumatoide e del lupus eritematoso sistemico. Nel 2005 alcuni ricercatori statunitensi si erano accorti che aveva in laboratorio una forte attività antivirale contro il coronavirus responsabile della SARS.

Oggi questo farmaco è ritornato alla ribalta perché diversi esperti affermano che contrasta il Covid-19 fin dalla sua insorgenza. Tra questi c'è il Dott. Pietro Garavelli, Primario della Divisione di malattie infettive dell'Ospedale Universitario Maggiore della Carità di Novara. E' stato il primo in Italia a iniziare a trattare i casi sintomatici lievi con il Plaquenil. Questo ha consentito di avere degli ottimi risultati e soprattutto questi casi trattati precocemente si sono risolti il più delle volte a domicilio. Inoltre ha contribuito a ridurre soprattutto nel periodo critico di marzo, quell'ondata di ricoveri che hanno messo a dura prova gli ospedali piemontesi. Il protocollo d'intervento basato sull'idrossiclorochina, in alcune province piemontesi ha coinvolto anche molti medici di base.

Nonostante tutto, la comunità scientifica è ancora divisa sulla sperimentazione domiciliare. Abbiamo intervistato l'infettivologo alessandrino che ha fatto da battistrada a questa scelta terapeutica ottenendo anche il riconoscimento degli organi istituzionali.

Lei pensa che l'Idrossiclorochina riesca a contrastare in modo definitivo il Coronavirus?
“Quello che sta accadendo negli ospedali è ormai cronaca quotidiana e che la situazione sia pesante in ogni struttura è sotto gli occhi di tutti. Purtroppo, il problema ricorrente è che sono sempre troppi i pazienti contagiati dal coronavirus che arrivano in Pronto Soccorso quando il quadro clinico è ormai già grave. A Novara siamo ricorsi al Plaquenil bloccando sul nascere in diversi pazienti gli sviluppi infausti della malattia nel giro di pochi giorni. Innanzitutto, bisogna partire dal concetto che il Covid come tutte le patologie respiratorie è come una sorta di iceberg, cioè la parte sommersa, quasi il 60 -70 % dei casi comprende pazienti asintomatici che ormai è dimostrato che sono infettanti. Poi c'è la parte emersa che sono i pazienti sintomatici con forme inizialmente lievi alcune delle quali poi guariscono e altre invece peggiorano dando luogo a polmoniti, portando la letalità nel paziente stesso.

Le forme lievi globalmente sono circa il 20 -30 % e di queste, una metà evolve verso la polmonite e il 2- 3 % sono mortali. Inizialmente abbiamo visto che la mortalità era alta in pazienti anziani, soprattutto diabetici o ipertesi. Poi la patologia è virata verso pazienti anche più giovani di 40-50 anni. Questi avevano tutti una caratteristica in comune, avevano sottovalutato la malattia ed erano rimasti a casa a trattarsi autonomamente con degli asintomatici in modo tale che poi quando giungevano in ospedale, i polmoni ormai erano devastati e c'era ben poco da fare. La Clorochina o Idrossiclorochina è un farmaco che può essere somministrato in pazienti con evidenti sintomi alle alte vie respiratorie per stroncare sul nascere l’infezione di coronavirus prima che possa evolversi causando danni peggiori a livello delle basse vie e cioè i polmoni. Somministrando il Plaquenil si può pertanto creare una sorta di barriera farmacologica che può ricordare quella di tipo vaccinale”.

Cosa ne pensa dei tamponi e degli esami sierologici?
“Se noi ci andiamo a confrontare con una malattia dove la stragrande maggioranza dei casi è sommersa, usare i tamponi per testare i casi stessi è difatto un'impresa improba. Poiché o tamponiamo tutti in uno stretto periodo di tempo e abbiamo un dato di quanti siano i pazienti portatori di Covid, oppure usare usare il tampone lascia un po' il tempo che trova. Tampone che tra l'altro ha anche alcune caratteristiche che non lo rendono così apprezzabile. Infatti, ci sono stati casi conclamati di Covid con tamponi che risultavano completamente negativi e solo grazie alla chimica abbiamo potuto avere un quadro clinico completo. Altri casi in cui invece, alcuni pazienti completamente guariti, il tampone continuava a rimanere positivo determinando peraltro problematiche nella loro riammissibilità nel contesto sociale. La stessa sierologia non è perfettamente validata e non si sa bene che significato darle, perché non è detto che una sierologia positiva coincida con degli anticorpi neutralizzanti, che poi sono quelli che conferiscono la protezione”.

Il vaccino potrà arrestare definitivamente il contagio?
“Ma io mi chiedo se in 17 anni non è stato allestito un vaccino per la SARS, per poi non parlare di quelli per il raffreddore che ogni anno risultano inefficaci per la mutabilità temporale dei virus, stiamo attenti a puntare troppo sul vaccino. Il problema però è un altro, un vaccino potrebbe funzionare se fossimo in presenza di una patologia che, una volta contratta in modo più o meno sintomatico, desse un’immunità duratura, per il resto della vita. Ma, ahimè, ci sono grossissime preoccupazioni: una patologia che va incontro a riattivazioni, e probabilmente anche a re-infezioni, garantisce un’immunità per tutta la vita? Oppure: per quanto tempo la garantisce? O non la garantisce affatto? E se l’infezione naturale non garantisce un’immunità duratura, quanto la può garantire la vaccinazione, che “mima” l’infezione naturale ma è meno efficace? Il rischio è di trovarci, nel giro di mesi o anche di anni, di fronte a successive ondate pandemiche. Quindi se noi ragioniamo col vaccino bisogna vedere innanzitutto quanto sarà tollerabile, quanto sarà immunogeno, quanto veramente sarà efficace, a quanta parte dei vaccinati darà l'immunità e quanto a lungo durerà l'immunità. Le aspettative sul vaccino dovrebbero essere molto più caute perché non è assolutamente detto che possa essere la panacea di tutti i mali”.

Con l'arrivo della stagione calda tenderà ad attenuarsi l'aggressività del Covid?
“Le condizioni climatiche e la stagione secca hanno determinato nelle precedenti epidemie la scomparsa dei coronavirus. Non è detto però che Covid scompaia del tutto, ma sicuramente potrebbe ridurre la sua contagiosità. Tuttavia c'è un problema, se noi non esponiamo al contagio un'altra larga fetta di popolazione con la quarantena, quando questo periodo di confinamento verrà meno e ricompariranno le condizioni climatiche come quelle dell'autunno, potremo andare incontro alla seconda e più devastante ondata epidemica. E quindi non ci resta che sperare che grazie alle condizioni climatiche si possa prendere un pò di fiato e che la patologia si attenui. Però c'è il problema che abbiamo sempre troppi asintomatici”.

Un suo parere su come vede l'uscita dal Coronavirus
“Cercare di quarantenare una malattia dove ormai ci sono milioni di portatori asintomatici in giro per il paese è un'impresa titanica. Il coronavirus continuerà a diffondersi e diventerà sicuramente endemico. Se Covid diventa endemico come lo è la malaria in altre parti del mondo, dovremo pensare anche ad un approccio di tipo tropicalista malariologo nei confronti di Covid stesso e quindi di prepararci a trattare i casi acuti precocemente con approcci di tipo profilattico con farmaci che hanno le caratteristiche per farlo, somministrandoli a intervalli abbastanza lunghi. Questo ci consentirà di imparare a conviverci, pur senza averne paura. Abbiamo a disposizione dei farmaci che non sono specificamente attivi nei confronti di Covid, però che funzionano anche su Covid. E mi riferisco all'idrossiclorochina di cui abbiamo parlato prima, che è usata per la profilassi settimanale della malaria. Questo farmaco ha le seguenti caratteristiche: una lunga durata d'azione, un'emivita di 3 settimane, si concentra direttamente nelle cellule delle vie respiratorie. Quindi questo farmaco che è anche utilizzato nella terapia delle forme iniziali ha anche una qualità che potrebbe benissimo essere utilizzata con l'assunzione distanziata e per la profilassi. Per quanto riguarda le polemiche sorte sugli effetti collaterali dell'idrossiclorochina e nello specifico che può dare cardiopatie, va detto che il farmaco viene assunto quotidianamente per trattare le patologie reumatologiche, da decine di milioni di pazienti nel mondo, compresa l'Italia, senza causare effetti collaterali”.

Cosa potrà accadere in Piemonte nei prossimi giorni?
“In Piemonte si sta attuando il sistema “Covid a casa” che prevede diagnosi precoce ai primi sintomi anche senza attendere i tempi per il tampone, immediato avvio della terapia a casa con idrossiclorochina e controllo da parte dei medici di famiglia. L'obiettivo è quello di intervenire prima possibile ed evitare l'ospedalizzazione. Un intervento che non solo riduce in maniera importante l’aggravarsi del quadro clinico che spesso avviene intorno al settimo, ottavo giorno dall’insorgenza dei primi sintomi, ma ha come effetto anche la riduzione di ricoveri, necessari proprio quando le condizioni si aggravano. Questo approccio, attivo da diverse settimane, ha dimostrato la sua efficacia proprio a Novara, dove abbiamo trattato precocemente molti casi e pertanto si è riscontrato che la zona ha raggiunto una mortalità per abitante che è la più bassa rispetto al resto delle province vicine. Tutto ciò si è reso possibile proprio perché abbiamo trattato precocemente i malati a domicilio con idrossiclorochina”.

Dal nostro corrispondente di Torino - g. c.

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