CRONACA - 01 novembre 2024, 06:50

Alluvione 1968, anche Bersani a Valle Mosso tra gli angeli del fango: “Ricordo le fabbriche devastate”

All'epoca, l'ex parlamentare era un giovane studente che, insieme ad altri coetanei (piacentini e non), accorse nel territorio biellese per dare sostegno e solidarietà alla popolazione, piegata ma non domata dalle forti piogge.

Bersani è a destra con il maglione scuro (foto gentilmente concesse da Pier Luigi Bersani)

“Sono trascorsi 56 anni ma ricordo ancora le fabbriche devastate dall'alluvione e il fango che ha invaso le strade. Sono immagini indelebili, incastonate nella mia memoria”. A parlare Pier Luigi Bersani che, ai taccuini di Newsbiella.it, ha ripercorso quei giorni da “angelo del fango” vissuti durante l'alluvione del 1968 che colpì duramente le valli di Mosso, Strona e Sessera. Furono giornate tragiche per la comunità biellese che pianse la morte di più di 50 persone, oltre alla distruzione di case, edifici e stabilimenti lanieri.

All'epoca, l'ex parlamentare era un giovane studente che, insieme ad altri coetanei (piacentini e non), accorse nel territorio biellese per dare sostegno e solidarietà alla popolazione, piegata ma non domata dalle forti piogge. “Allora avevo 17 anni ma alle spalle avevo l'esperienza dell'alluvione di Firenze del 1966 – racconta Bersani – In quei giorni di novembre giunse notizia in Emilia Romagna di ciò che accadde a Valle Mosso e nei comuni limitrofi. Ci fu un vero e proprio tam tam a scuola. Molti proposero di andare in quelle zone per dare un mano. Un vero gesto di solidarietà. L’idea piacque molto tanto che il nostro insegnante di religione, un prete, si fece mediatore con le nostre famiglie, oltre a prendere contatto con gli amministratori locali”.

Il gruppetto, formato da una dozzina di studenti, arrivò nei giorni seguenti all’alluvione. “Giunto nel Biellese, trovai alloggio, insieme ad altri, presso la palestra di una scuola – racconta Bersani – Una volta sistemati i bagagli, si cominciò a spalare, con tanto di stivali, abbigliamento consono e badile. Non dimenticherò mai quei momenti”. La differenza con l’alluvione di Firenze fu subito evidente. “Alle case e alle cantine lungo l’Arno si sostituirono le fabbriche e le imprese tessili inondate dal fango e dai detriti – sottolinea – Per 10 giorni restai in quelle zone, immerso fino alle ginocchia nella fanghiglia”.

Giornate di immensa fatica, scandite dai rintocchi dei campanili, in un paesaggio a dir poco spettrale, tra edifici abbandonati o squarciati dalla furia dell’acqua. “C’era tutto questo – confida – ma anche la bellezza dei piccoli gesti quotidiani. Ricordo bene chi ci chiamava dentro un bar per offrirci un grapin per riscaldarci. O ancora: i confronti, i dialoghi con altri giovani della mia età. La condivisione di ciò che stavamo facendo. Qualcosa di utile, non per noi stessi ma per una comunità colpita dal dolore e dalla disperazione. Sono questi i momenti in cui si respirava una sensazione di unità, solidarietà, fratellanza nonostante i disastri che l’alluvione aveva lasciato dietro di sé”. Tra gli aneddoti condivisi, c’è perfino la perdita del suo colbacco. “Non l’ho più ritrovato – ammette - l’ho perduto chissà dove. Molti anni dopo, di ritorno a Biella da segretario del Pd, fui omaggiato di un cappello, in ricordo di quei giorni trascorsi a Valle Mosso”.

Infine, a domanda precisa se le situazioni di emergenza legate al maltempo siano rimaste più o meno immutate al trascorrere del tempo, Bersani è categorico: “I parametri di allora non sono più quelli dei nostri tempi. Oggi dobbiamo prendere atto che esiste un problema climatico che va affrontato, oltre ad accrescere politiche di adattamento”.

Bersani al centro con il maglione scuro

g. c.