L'ospedale Santi Pietro e Paolo di Borgosesia si prepara a diventare il fulcro di un innovativo progetto pilota che potrebbe rivoluzionare la sanità locale e definire nuovi standard di collaborazione internazionale. Grazie all'iniziativa promossa dall'associazione Progetto Baita che ha accolto decine di famiglie israeliane in Valsesia, e il supporto dell’amministrazione di Borgosesia guidata da Fabrizio Bonaccio, è prevista l'integrazione nel team medico di numerosi professionisti, tra medici e infermieri, tutti con curriculum di altissimo livello, specializzati e con lauree riconosciute in Italia. Ad oggi sono 39 i potenziali nomi che potrebbero entrare in servizio e la richiesta di Borgosesia, Vercelli e Novara è molto alta. In futuro potrebbero potenzialmente essere centinaia, burocrazia permettendo, le richieste di personale a livello locale e nazionale.
L’iniziativa nasce con un duplice obiettivo: colmare le carenze croniche di personale, che affliggono non solo Borgosesia ma l'intero sistema sanitario italiano e rafforzare i legami tra le nazioni attraverso una cooperazione concreta. "Questa proposta è unica in Italia e rappresenta un modello da seguire” ha sottolineato il sindaco Fabrizio Bonaccio durante la presentazione tenutasi oggi, venerdì 17 gennaio, evidenziando come un problema imponente possa trasformarsi in un’opportunità sia per i residenti che per chi scappa da una situazione di conflitto.
Il progetto pilota è apripista per la soluzione di una crisi che affligge tutta Italia: liste di attesa interminabili che trasformano prevenzione in urgenza, a favore della privatizzazione e ai danni di chi domani, come oggi, non avrà le possibilità di permettersi le cure adeguate.
Un modello di inserimento che trasforma problemi in opportunità: oltre alla dimensione sanitaria, l’operazione ha una forte valenza sociale. Il presidente dell'associazione Progetto Baita, Ugo Luzzati, ha sottolineato come l'iniziativa stia favorendo l’accoglienza di interi nuclei familiari israeliani nel tessuto locale: “Sono già presenti 40 famiglie in Valsesia e 55 bambini nelle scuole della zona vengono supportati da attività integrative per agevolare l'apprendimento dell'italiano e la conoscenza del territorio. L’inclusione graduale ha avuto un riscontro positivo da parte dei valsesiani, che hanno accolto gli ospiti con una risposta calorosa. Fuggiti dalla guerra, gli israeliani, scappavano dai bombardamenti e dai missili che di giorno in giorno sorvolavano le loro teste, portando via strutture, persone e dignità. Un’occasione per collaborare e creare nuove potenzialità”.
“Abbiamo medici con esperienza mondiale - ha dichiarato la dottoressa Liah Moalem, uno dei volti dell’impresa, chirurgo plastico operante a Novara - L'integrazione è stata resa possibile anche grazie al calore della comunità valsesiana, che ha accolto con entusiasmo le famiglie dei dottori. I professionisti coinvolti vantano curriculum di altissimo livello, con specializzazioni varie e molto richieste”. Il processo di riconoscimento delle lauree, semplificato tramite atti notarili e il supporto delle ambasciate, ha reso possibile l'avvio di questo progetto in tempi brevi, agevolando l’inserimento.
“La collaborazione con i medici israeliani offre nuove opportunità anche per il potenziamento dei reparti ospedalieri – ha dichiarato il dottor Francesco Rametta, primario di cardiologia - L'arrivo di nuovi professionisti potrebbe risolvere la carenza di personale, consentendo l'apertura di reparti cruciali come la cardiologia, che attualmente necessita di almeno otto specialisti per garantire la copertura 24 ore su 24, 7 giorni su 7. La mancanza di personale è una priorità che occorre colmare”.
“Questo progetto – conclude il sindaco Bonaccio -, è una soluzione innovativa che esce dalla dimensione locale, rappresenta un modello che potrebbe essere replicato in altre realtà italiane, per costruire un sistema sanitario resiliente, capace di fronteggiare le difficoltà e le sfide di domani; un segnale di speranza per tutto il Paese”.