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EVENTI | 09 febbraio 2025, 07:30

Carnevale di “Su Nuraghe”: arriva la gran favata

Carnevale di “Su Nuraghe”: arriva la gran favata

Carnevale di “Su Nuraghe”: arriva la gran favata

Sabato 15 febbraio 2025, con inizio alle ore 19:30, gran favata di “Su Nuraghe”: entra nel vivo il Carnevale dei Sardi di Biella.

Invito a tavola con il piatto ricco della cucina povera contadina. Radicato nella storia plurimillenaria isolana, il consumo di fave e fagioli – coltivazione associata allo sviluppo della cultura antica quanto quella del grano – è stato fondamentale per molte popolazioni dell’area mediterranea e, in tempi preistorici, anche per quei popoli montani che abitavano la zona a Nord delle Alpi.

Nell’antico Egitto, fave e fagioli venivano giudicati impuri per il loro effetto flatulento e afrodisiaco. Anche presso i sacerdoti romani era vietato ogni contatto con essi, in quanto si riteneva che i loro fiori contenessero le “lettere del lutto” e fossero custodi, secondo gli insegnamenti di Pitagora, delle anime dei defunti. Originariamente, i preparati a base di legumi venivano offerti e consumati sulla tomba dei trapassati il 21 febbraio, al termine di un periodo di purificazione, che iniziava il 13 febbraio, quando gli spiriti dei morti potevano visitare il mondo dei vivi.

Di contro, in Grecia ebbero un ruolo importante nei Misteri di Apollo e di Dioniso. Abbiamo notizia di “Re dei fagioli” come semi che venivano inseriti in pani e dolci predittivi: raffigurazione di fortuna al pari del “Re della fava”, personaggio storicamente messo a morte a Carnevale, tragica rappresentazione del sacrificio di Saturno, il dio del grano seminato e risorgente.

Simbolo di fertilità e di abbondanza, fave e fagioli sono l’incruento sacrificio vegetale; rimandano al breve regno gioioso impersonato dal giovane estratto a sorte, attestato tra i soldati romani, quando un giovane bello veniva vestito a festa in abiti regali. In questo ruolo, dava libero sfogo a tutte le sue passioni prendendosi tutti i piaceri, fossero anche i più bassi e vergognosi. Purtroppo, allo scadere di trenta giorni, la sua fine era già drammaticamente segnata al pari di quella del Babi di Biella e di quella dei tanti Re Giorgio al centro di molti carnevali sardi.

Depotenziata e declassata, la favata sarda fa il paio con le tante fagiolate biellesi, comprese le immancabili tradizionali lenticchie, diffusamente consumate nella notte di capodanno.

Tutti questi piatti, cucinati nella stagione più fredda dell’anno, risalirebbero al cibo rituale preparato in ricordo dei trapassati, pietanza ancora presente per trasferimento nelle tavole dei morti dell’Europa divenuta cristiana, apparecchiate nella notte del 2 novembre.

Con la cristianizzazione, dell’insolito banchetto a base di legumi permangono la preparazione e la condivisione pubblica del cibo, cui partecipavano, senza distinzione di classe, “schiavi e padroni” in allegria, mangiando e bevendo pane inzuppato nel vino.

La favata, dunque, è piatto antico, cucinato con innumerevoli ricette: quella preparata dai cuochi di Su Nuraghe è arricchita da cotenna, zampini e costine di maiale.

(Prenotazioni fino ad esaurimento posti, Anna, 3472322175)

Battista Saiu

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