C'è un’aria diversa, a Biella, un fermento che si percepisce nei gesti, negli sguardi, nei dettagli. Le bandiere tricolori sbucano ovunque: appese ai balconi, intrecciate alle ringhiere, distese come abbracci sopra le vie del centro. Ma non è solo una questione di stoffa: è un’atmosfera che si costruisce, un’attesa che prende corpo a colpi di martello e sorrisi, di mani che si sporcano per far bella la città.
Gli Alpini sono già al lavoro. Non quelli in divisa ufficiale, ma quelli in scarponi e cappello, magari un po’ impolverati, sempre pronti a rimboccarsi le maniche. Si vedono salire sulle scale, annodare bandiere ai lampioni, scambiarsi battute mentre tendono uno striscione tra due palazzi. C’è chi sistema le ultime luci, chi stringe una vite, chi controlla che tutto sia dritto. È un cantiere di entusiasmo e memoria.
“L’Adunata non è solo un evento, è un ritorno a casa”, dice un alpino con la voce piena di emozione, mentre sistema con cura una piccola bandiera su una staccionata. Intorno a lui, il quartiere si trasforma: le vie si colorano, le vetrine si agghindano, i bar preparano menù speciali e le scuole appendono cartelli di benvenuto. Anche i bambini, incuriositi, si fermano a guardare questi uomini che sembrano usciti da un’altra epoca ma che parlano con la freschezza dell’oggi.
Biella si prepara. Non solo a ospitare migliaia di penne nere, ma a ritrovare un senso di comunità che a volte la quotidianità appanna. L’Adunata è dietro l’angolo, e la città, come un vecchio amico, si fa bella per l’incontro. Con ogni bandiera che sventola, non è solo il tricolore a farsi vedere: è l’orgoglio, la storia, l’abbraccio di una terra intera che si apre agli Alpini. E loro, come sempre, rispondono con il cuore.