Copertina - 01 aprile 2024, 00:00

Silvia Marsoni: Scienziata IFOM e primo Presidente della Provincia

"La più grande soddisfazione della mia carriera: chiudere il cerchio della terapia del cancro al colon"

Silvia Marsoni: Scienziata IFOM e primo Presidente della Provincia

Silvia Marsoni: Scienziata IFOM e primo Presidente della Provincia

Silvia Marsoni è una figura storica della Provincia di Biella, è stata la prima Presidente della Provincia, ente istituito nel 1992, nel 1995 ha visto le sue prime elezioni e nelle intenzioni avrebbe dovuto essere un collante tra Regione e Comuni per offrire ai biellesi opportunità e risorse.

È stato così? è vero che alla prima riunione mancavano addirittura le sedie ? ha dovuto costruire un ente dal nulla. ?

"Si assolutamente così. La prima giunta si fece con una scrivania, una sedia ed una lampada. Quindi a parte me che stavo sulla sedia, i sei assessori e il segretario si dovettero sedere per terra. E per un po'- tempo di fare i bandi! - usavamo tavoli e sedie ‘prestati’ da mio marito e usavamo i PC personali anche per fare le delibere. Quanto al personale, la provincia di Biella ‘gemmava’ da quella di Vercelli e l’unico personale che ereditammo all’inizio fu qualche bidello, qualche guardiacaccia/pesca e qualche cantoniere. Dovemmo fare concorsi per assumere in un anno 150 persone, se non ricordo male".

Provincia occasione persa o opportunità non del tutto sfruttata.

"Entrambe. Le Province sono il vero luogo di appartenenza delle persone. Chiedete a qualcuno “di dove sei?”, vi risponderà sono di Biella o di Rovigo o di Siracusa anche se abita in un paesino limitrofo al capoluogo. Le province sono le ‘piccole patrie antiche’ ed infatti nello stato unitario esistevano il potere centrale, le province e i Comuni. Le regioni sono nate negli anni 70, ancorché pensate a partire dal dopoguerra. Questa è storia e non polemica di parte o ‘conflitto’ di interesse di una ex-presidente di provincia".

Cosa manca a Biella per essere veramente un territorio godibile?

"Francamente nulla, abbiamo tutto e tutto a portata di mano come anche rileva il rapporto 2023 dell’Osservatorio della Cassa di Risparmio. Abbiamo un territorio incantevole e diversificato. Un paesaggio antropizzato ben conservato e ben preservato dalla speculazione edilizia, cosa abbastanza rara per l’Italia. Abbiamo una bella città capoluogo con un centro storico che ha persino la funicolare. Abbiamo più di mille tra associazioni e fondazioni che si occupano di tutti gli aspetti del territorio – società, salute, cultura, memoria, paesaggio. Abbiamo club di servizio attivi ed un centro di documentazione sindacale tra i più importanti e più antichi d’Italia. A testimonianza di quell’anima fattiva che da sempre sostiene un’industria tessile ripartita alla grande dopo la pandemia e che oggi ha “fame” di lavoratori e dirigenti come ci dice il rapporto Osserva Biella. Questo nonostante il numero di Neet (i giovani che non studiano né lavorano) sia alto e contribuisca insieme ad altri indicatori demografici negativi – siamo una delle province più vecchie d’Italia - ad una condizione generativa ancora arretrata, che condividiamo del resto con tutto il Piemonte orientale. Siamo equidistanti a due grandi città, vicini a due aeroporti e a venti km da una rete autostradale che ci collega a tutta l’Italia. Insomma la provincia è bella e ben messa ed infatti gli stranieri che arrivano a Biella se ne innamorano. Io abito in Valle Cervo e quest’anno abbiamo visto davvero le case più belle della valle comprate da Texani, Australiani, Olandesi, Tedeschi e Scozzesi. Tutti deliziati (anche dai prezzi ridicoli; i nostri nuovi amici Texani hanno comprato una villa stupenda ad Oretto con la stessa cifra con cui a Houston avrebbero comprato un garage).

Cosa manca quindi? Molti indici, inclusi quelli molto positivi sul turismo, suggeriscono che siamo all’inizio di un processo di trasformazione territoriale frutto sia di un trend generale in Piemonte che di interventi specifici sulla comunicazione (Biella Città creativa UNESCO, “Naturalmente Biella”), il moltiplicarsi degli eventi sportivi, artistico-culturali ( Citta dell’arte Fondazione Pistoletto, le mostre al Piazzo), alto artigianato (Fatti ad Arte,) ed enogastronomici (Bolle di Malto, ormai di respiro nazionale). Ma rimane ancora come ‘saldare’ queste nuove tendenze nell’economia generale della provincia. Il fattore più macroscopico, sembra quasi ridicolo ripeterlo a 30 anni dalla mia esperienza in Provincia, rimane ancora come coniugare gli sforzi del territorio con il cambiamento economico e climatico del paese. Sfruttare per esempio e non patire la vicinanza del Biellese con le realtà metropolitane di Milano e Torino. Questo è ovviamente è un problema complicato ed irto di ‘spine ideologiche’ di antica data che ahimé spesso attizzano riflessi automatici pro e contro questo o quello. Riflessi dai quali invece bisognerebbe liberarsi per portare in maniera oggettiva e ben ponderata le esigenze del territorio sui tavoli Regionali e nazionali in cui questi argomenti vengono affrontati. Giusto un esempio: i prezzi delle case a Milano sono insostenibile per le giovani famiglie che si spostano ormai a vivere ben oltre ai 100 km di una volta. Il biellese attraversa una crisi demografica ormai cronica. Politiche sensate sulle ferrovie come si fanno in tutta Europa potrebbero essere dirimenti in questo senso. Ma come ho detto il tavolo su cui si discutono queste cose non può essere quello locale. Sono ormai troppo lontana dalla discussione per dire delle cose intelligenti a proposito, ma gente seria che se ne occupa c’è e bisognerebbe coinvolgerla molto di più di quanto non si faccia".

Forse anche un po’ di autostima, siamo troppo orsi ?

"Autostima non ci manca anzi forse ne abbiamo anche troppa perché siamo gente dura, come Calvino nella sua fiaba Biellesi gente dura.. Gente dura che però sa preservare il suo mettendoci il cuore come ancor oggi dimostra il patto della Montagna firmato tra padroni ed operai per salvare le fabbriche alla fine della guerra come diceva. Quindi orsi di sicuro, come tutti i montanari, ma non c’é nulla di male ad essere orsi gentili…anzi ed é per questo che abbiamo un bell’orso nel nostro stemma!".

Parliamo di Lei. Donna, ricercatrice e mamma, oltre che brillante e anche molto giovanile. Come è nata la passione per il suo lavoro e come riesce a coniugare la ricerca con la famiglia?

"La passione per la ricerca c’è fin da quando ero bambina. Me l’ha passata mio nonno Massimo Sella, un famoso biologo marino che ha contribuito a sconfiggere la malaria in Italia ed in Istria. Quanto a coniugare ricerca e famiglia, non è stato facile soprattutto perché se sei parte di una comunità di ricerca ‘cutting edge’ come la mia purtroppo, gli istituti dove puoi lavorare stanno nelle grandi citta, ed infatti io ho sempre lavorato a Milano o Torino. Quindi la mia passione ha condannato tutta la famiglia ad una vita comune poco ortodossa. Vita da eterna pendolare per me, e vita con la moglie solo il WE per mio marito. A volte ci chiediamo se però questo non sia stata una buona cosa. Stiamo insieme da 40 anni e non ci siamo ancora annoiati un giorno! Nostro figlio è stato forse il più sacrificato perché ha vissuto l’infanzia a Biella con me che andavo avanti ed indietro tutti i giorni, e l’adolescenza a Milano con me stanziale e il padre che veniva una/due volta la settimana. Poi università in Inghilterra e lavoro a Praga, e matrimonio con Cansu, una ragazza turca incontrata a Praga; di conseguenza parla meglio l’inglese dell’italiano ed è diventato un apolide. Ma del resto anche in famiglia mia siamo un po’ apolidi: nati a Venezia, passati da Biella, Milano, Londra e poi per me gli USA. Mio fratello si fermato a Londra ed è piu inglese che italiano. Inaspettatamente, il COVID mi ha fatto capire che potevo benissimo lavorare anche da casa. Adesso vado a Milano due notti la settimana e dormo nel residence del mio Istituto. Il massimo della vita: trattamento alberghiero e tutto il tempo per concentrarmi sul lavoro. E la sera a cena dagli amici milanesi! Poi giovedì sera ritorno nel silenzio e nella bellezza della Bürsh. Insomma in ogni cosa c’e sempre qualcosa di positivo, un ‘silver lining’, una striscia d’argento come dicono gli inglesi! E poi, per fortuna e toccando ferro sono sempre stata sana e robusta costituzione – come si diceva una volta – per cui lavorare con questi ritmi non mi affatica piu di tanto neppure adesso che ho passato i 70, sono davvero una donna fortunata".

Silvia Marsoni, a ricerca sul cancro; nel dicembre 2023 dalla Presidenza della Repubblica Italiana l'onorificenza di Cavaliere della Repubblica. Qual è stata la sua più grande soddisfazione nella sua carriera?

"Poter chiudere il cerchio della terapia nel cancro del colon. Nel 1995 pubblicai i risultati di uno dei primi trials al mondo di terapia adiuvante post-chirurgica nel cancro operabile del colon. Al tempo il trattamento del tumore del colon operabile consisteva nella sola chirurgia. Circa il 50% dei pazienti ricadeva entro due anni. Il trial si chiamava SITAC e dimostrò che 6 mesi di chemioterapia dopo la chirurgia aumentavano la sopravvivenza media dei pazienti del 10 percento assoluto. Ma al tempo non avevamo alcun indizio su chi potesse essere a rischio di ricaduta e quindi da trattare preventivamente, e chi invece fosse a basso rischio e quindi curabile con la sola chirurgia. Per cui da allora tutti i pazienti dovettero essere trattati con chemioterapia adiuvante. Questo fatto, trattare tutti per beneficiare solo alcuni, è quello che noi medici chiamiamo il dilemma del colon operabile perché quando un paziente NON ricade, non siamo in grado di dire se quel paziente aveva un tumore aggressivo che la chemio ha curato, oppure un tumore indolente per il quale bastava la sola chirurgia, e che si è fatto della chemio inutilmente con tutti i disagi che questo comporta. Cosi è stato per 30 anni. Poi ho disegnato e condotto il trial PEGASUS. PEGASUS utilizza una nuova tecnologia, la biopsia liquida, per misurare la presenza di pezzi del DNA del tumore nel sangue dei pazienti operati. In questo trial abbiamo visto che circa il 30-40% dei pazienti dopo la chirurgia ha ancora del DNA del tumore nel proprio sangue. Siccome il tumore é stato asportato ed il DNA nel sangue si degrada in poche ore, se si trova ancora DNA tumorale nel sangue a distanza di 2-3 settimane dall’operazione vuol dire che ci sono nel corpo del paziente delle micro-metastasi invisibili agli esami radiologici, che continuano a versare il DNA tumorale nel sangue. In quei pazienti si deve fare la chemioterapia adiuvante. Il restante 60% dei pazienti, invece, NON ha alcun DNA tumorale nel sangue dopo la chirurgia. Questi pazienti sono presumibilmente curati con la sola chirurgia. Dico probabilmente perché PEGASUS era uno studio pilota di soli 130 malati, i cui risultati devono essere verificati per la sicurezza di tutti secondo le regole della medicina basata sull’evidenza, come anche richiede l’AIFA".

Tra i grandi progetti che sta portando avanti c'è “Sagittarius”, di cosa si tratta?

"Grazie della domanda. SAGITTARIUS è lo studio che ho successivamente disegnato insieme ai miei partner Europei, proprio per convalidare i risultati di PEGASUS. Ma SAGITTARIUS è un progetto ancora più ambizioso perché oltre ad usare la biopsia liquida per decidere chi trattare e chi no, nei malati da trattare si pone anche l’obbiettivo di migliorare le terapie personalizzandole caso per caso. Questo oggi è possibile perché i tumori hanno delle alterazioni nel loro DNA che sono molto specifiche, un po’ come delle impronte digitali del tumore, che possono essere identificate con dei test di nuova generazione. In SAGITTARIUS dunque ciascun paziente verrà trattato con una terapia super personalizzata che potrà comprendere anche immunoterapia o terapie a target o nuovi tipi di chemioterapia, a seconda della ‘firma molecolare’ specifica del suo tumore. Insieme all’ospedale Niguarda, alla Bocconi e a DiCE una associazione internazionale di ex-pazienti oncologici, studieremo anche l’impatto di questo cambio di paradigma – da chemioterapia cosiddetta ‘a misura unica’ a terapie biologiche personalizzate, sui sistemi sanitari nazionali e sulla vita sociale ed emotiva dei pazienti e delle loro famiglie. Parlo al plurale perche SAGITTARIUS è uno studio che vede coinvolti 25 centri tra Italia, Spagna e Gemania. E dunque con SAGITTARIUS chiudo il cerchio aperto tanti anni fa con lo studio SITAC: ho iniziato la mia carriera scientifica dimostrando che bisognava dara una chemioterapia a taglia unica a tutti per ottenere un beneficio solo in alcuni. Chiudo la mia vita lavorativa dimostrando – spero - che siamo ormai nell’era della medicina di precisione dove la cura del tumore va decisa in maniera integrata e rispettosa, paziente per paziente in base alle caratteristiche specifiche di ciascun paziente e del suo tumore".

Lei fa parte di una famiglia che ha fatto la storia dell’Italia. Quale ritiene sia il futuro della nostra nazione?

"Eh si, in effetti faccio parte di una famiglia (Sella) e mi sono sposata in un'altra (Lamarmora) che insieme hanno proprio contribuito all’Unitá d’Italia! Ma questo era più di 150 anni fa. Oggi ciascun cittadino ha una responsabilità ancora più grande, perché non c’è solo il proprio paese di cui tener conto. Ormai tutto è interconnesso e ciascuno di noi ha una fettina di responsabilità con cui può contribuire ad affrontare l’intricato disastro geo-politico ed ambientale in cui viviamo. Può sembrare banale, e semplicistico per non dire utopistico ma io credo fermamente che alla fine qualsiasi complessità puo essere ricondotta anche alle responsabilità dei singoli. Questo mi hanno insegnato le famiglie a cui appartengo, il lavoro che faccio e i personaggi politici che stimo. Molto probabilmente i Trump, i Putin e i Netananyahu, e pure i Salvini di questo mondo non saranno d’accordo. E questa di per se é una buona ragione per andare a votare e sostenere innanzitutto la democrazia".

Qualche domanda molto personale...Qual è la sua lettura preferita?

"Leggo di tutto, saggi, romanzi, giornali. E naturalmente giornali scientifici. Insomma sono onnivora e non mi vergogno a dire che ho letto anche un libretto della serie Bridgerton! Sono anche un’appassionata di fantascienza che mi è stata utilissima nel lavoro. E poi, come dice Pennac, se qualcuno l’ha scritto a qualcuno interesserà leggerlo".

…una canzone/musica che ama ascoltare

"Anche nella musica sono ecclettica, ascolto di tutto. E poi, sono viziatissima da mio marito che è un vero esperto ed appassionato di quasi tutti i generi musicali e che mi ‘sporge’ praticamente quasi ogni sera qualche nuovo brano da ascoltare. Unica cosa non gli piace l’opera mentre io ne vado matta. Specie Mozart ed in particolar modo Don Giovanni. Comunque cantautore del cuore …. Almeno due: Leonard Cohen e De André".

E come si immagina fra cinque anni?

"Non ne ho la più pallida idea, la vita è fantastica perché non sai mai cosa ci sia dietro l’angolo, anche a 70 anni. Comunque finché mi restano due neuroni connessi mi immagino che continuerò a lavorare, perché sono curiosissima di vedere cosa questi nuovi strumenti – biopsie liquide e IA per prime – potranno aggiungere in termini di integrazione della conoscenza. Anche, sono circondata da tanti fantastici giovani a cui ‘passare’ le consegne e che mi tengono viva e divertita con le loro menti fresche e brillanti.
D’altra parte ho anche voglia di fare con i miei cari i viaggi che non c’è mai stato tempo di fare. Per esempio adesso con mio marito andiamo a Praga da nostro figlio per 3 settimane. Una settimana per vedere la Germania che conosciamo poco e due di smart-working a Praga, e goderci la vicinanza di figlio e nuora. E poi c’é da tirare le fila di una vita lunga e piena, per pensare agli sbagli e raddrizzare i torti finche sono ancora in tempo. Chissà? proprio adesso che il tumulto del cuore si è un poco placato, sarò forse in grado di capire meglio e veramente quel che conta nella vita, ed averne ancora abbastanza davanti per goderne appieno".

Giuseppe Rasolo

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