A 56 anni di distanza dall'alluvione 1968, il ricordo è più vivo che mai. Specialmente per chi visse in prima persona quei drammatici giorni di inizio novembre che costarono la vita ad oltre 50 persone. Colpite duramente furono le valli di Mosso, Strona e Sessera.
Queste le voci e i racconti di alcuni testimoni che, insieme a noi, hanno voluto ripercorrere quei tragici momenti, come l'ex parlamentare Wilmer Ronzani: “Ho assistito in gioventù a scene terribili e agghiaccianti. Allora stavo a Coggiola, nella sponda destra del Sessera, dove erano posizionate le case operaie. Due momenti mi sono rimasti impressi nella memoria: i miei familiari impegnati a spalare il fango e una casa tagliata in due a causa dalla furia dell'acqua, a soli due passi dalla mia abitazione. Inoltre, rimasi colpito dal profondo clima di solidarietà, dove imprenditori, operai, semplici cittadini furono uniti nella tragedia e si rimboccarono le maniche per ripartire il primo possibili. Ci fu una grande reazione, unitaria, senza precedenti”.
Giuseppe Tallia, amministratore per 37 anni del comune di Valle Mosso, aveva 14 anni all'epoca: “Abitavo in centro. Rammento bene quei momenti: c'erano state avvisaglie nel corso della giornata del 2 novembre, specialmente attorno al paese, ma nessuno si aspettava ciò che sarebbe poi accaduto. Di ritorno dal barbiere, a pochi passi da casa mia, era presente un metro d'acqua in mezzo alla carreggiata, con i negozi già allagati e un fiume che scendeva dalla parte superiore della strada. Le macchine in sosta venivano spinte dalla corrente e ammassate: alcune di esse finirono nello Strona e non vennero più ritrovate. Insieme alla mia famiglia passammo tutta la notte a tirare fuori l'acqua da nostri locali. Eravamo molto preoccupati: papà era rimasto bloccato nella sua tessitura, situata vicina al ponte di via Rovella. Qui, il torrente aveva tracimato e bloccato la strada. Poi, fortunatamente, tornò sano e salvo da noi. Il ricordo più nitido? Due in particolare: l'arrivo dei militari la mattina del 3 novembre e la voce che la diga di Camandona era crollata. Vi lascio immaginare il clima di terrore e di panico che si respirò in quelle ore. Fu una vera e propria fuga, scene di grande tensione non indifferenti fino a quando la notizia venne smentita. Non si è mai saputo chi l'avesse messa in giro”. Di tutto questo, l'ex sindaco scrisse un libro dal titolo “Regina di Prelle”, pubblicato nel 2018, che racconta i fatti del novembre 1968.
Ai nostri taccuini affida i suoi ricordi l'ingegnere Orilio Carrera, all'epoca studente universitario di 20 anni: “Frequentavo il secondo anno di ingegneria, mi sembra di rivivere nitidamente quei momenti. La sera del 2 novembre lasciai a gran velocità la mia casa di Veglio, con mia nonna di 80 anni portata via a spalle. La nostra abitazione fu invasa per metà dall'acqua, le altre sei case della frazione furono spazzate via da un violento fiume d'acqua. Nessuno se l'aspettava. Un'intera famiglia di 6 persone, che si era trasferita da poco, perì in quelle ore. Mi capita di ripensarci spesso. I fatti dell'alluvione 1968 mi hanno segnato la vita, da allora ho dedicato il mio lavoro all'ingegneria civile idraulica”.
Con noi, ha voluto parlare anche Maurizio Garrone, figlio dell'allora sindaco di Valle Mosso, Carlo, con un passato da consigliere e assessore: “Si parla sempre raramente dell'alluvione del 1968, quasi come se fosse stata dimenticata. È importante preservare la memoria collettiva di quei giorni. All'epoca avevo 12 anni e abitavo con la mia famiglia nel centro di Crocemosso. Una zona colpita marginalmente dall'alluvione ma vidi con i miei occhi le conseguenze di quelle piogge: vie di comunicazione interrotte, famiglie distrutte, fabbriche sventrate, frane sulle colline come se fossero grosse unghiate di un gigante, il paese di Valle Mosso invaso completamente da acqua, detriti e fango. La situazione era davvero grave. In quei giorni, mio padre rimase in Municipio a coordinare le operazioni di soccorso e il sottoscritto gli portava i vestiti di ricambio a piedi. Non dimenticherò mai la casa della famiglia Piana: era un cumulo di macerie, purtroppo alcuni persero la vita, così come chi si adoperò per prestargli soccorso. Momenti terribili che vanno assolutamente ricordati per preservarne la memoria”.
Non dimentica nemmeno Marco Abate, oggi presidente dell'Auser Cossato, figlio dell'allora sindaco Ezio: “Avevo 11 anni, ricordo io e mia madre seduti in cucina terrorizzati. L'acqua stava venendo giù dietro casa e aveva creato un invaso artificiale. Era uno scenario spaventoso. Nitide anche le immagini degli elicotteri e dei militari, giunti in soccorso alla popolazione. Nel mio piccolo, ho aiutato a spalare il fango in alcuni negozi di Cossato, invasi dal fango e dai detriti. Nonostante la tragedia in atto, la gente si aiutava a vicenda con atti di grande generosità”.