Radici e semantica delle parole sarde rivisitate mediante i dizionari delle lingue mediterranee (lingue semitiche, lingue classiche). Laboratorio linguistico, di storia e di cultura sarda a Biella.
TITTA. In questo modo il sardo indica, universalmente, il ‘capezzolo della donna e dell’animale femmina’, nonché l’intera ‘mammella’. Il termine deriva dal babilonese tîtum ‘nutrimento, cibo’. Derivato: tittuléḍḍa (Càgliari) ‘clitoride’, traslato al diminutivo. Vedi anche thithlicos (Codice di San Pietro 62) riferito alla petra uue sun sos thithiclos, cioè ai bétili aventi rilievi a forma di mammella.
In qualche area della Sardegna la pronuncia è θiθθa, tzitza, fenomeno di assimilazione, di omologazione, alla stregua di quella che è la pronuncia prevalente in Corsica ed in Italia.
Tuttavia anche la forma θiθθa, tzitza è arcaica, per quanto appaia in Italia soltanto nel secolo XIV ad opera di S. Gregorio: “la mamma, ovvero la zizza”. Il Dizionario Etimologico della Lingua Italiana ritiene che il termine apparso in Italia derivi da un longobardo *zizza, e ciò per il solo fatto che in tedesco abbiamo Zitze ‘capezzolo’. DELI non vuol nemmeno capire che quel termine asteriscato è un’invenzione e che il termine in -tz- è paneuropeo, appartenente alla Koiné Linguistica del Paleolitico.
Questo termine esiste pure in accadico (zīzu ‘capezzolo’); ancora più antica è l’agglutinazione sumera zi ‘vita’ + zu, termine indicante l’accensione (‘pietra focaia’), un genere di ‘materiale da costruzione’, una ‘componente dell’aratro’, il ‘dente’, ma specialmente la ‘conoscenza’. Quindi il composto sum. zizu può essere tradotto, con riferimento alla mammella e al suo nutrimento, come ‘accensione della vita’, ‘mattone della vita’, ‘dente della vita’ (riferito al capezzolo), o ‘conoscenza della vita’ (per l’alto valore nutritizio). Base originaria è comunque il geroglifico ṭi-t ‘doni, gifts’ + ṭåa, ṭa ‘emissione di seme’ (ṭeṭa ‘masturbare’), ṭa-t ‘gift, present, tribute’; teth ‘nurse’, tat to nurse, suckle’. Il composto ṭi-t tat in origine indicò i ‘doni del nutrimento’.