Nessuno, oppure la mamma. Ecco cosa succede quando un ragazzo piemontese si trova a dover scegliere la propria strada, tra la fine della scuola media e l'ingresso del mondo del lavoro.
Lo svela l'ultima edizione dell'indagine condotta dalla Fondazione Engim su oltre 4.000 giovani, dal titolo "Giovani e Futuro. Coltivare le speranze attraverso il lavoro", a cura di Daniele Marini, docente universitario. Sul palco, ad analizzare i dati, anche Giorgio Vernoni (Ires Piemonte), Stefano Merante dell’ILO e Filippo Provenzano, segretario generale di Cna Torino.
L'impressione è che i ragazzi siano tendenzialmente ottimisti e fiduciosi, ma le difficoltà della transizione verso il mondo professionale non sono poche. E spesso si trovano da soli ad affrontarle. E a chi chiedono aiuto? In più di un caso su quattro, a nessuno. Un dato che orbita intorno al 30% (e che scende un po' se si limita l'analisi proprio al mondo Engim), mentre la seconda risposta più gettonata è la mamma, che si piazza tra il 25 e il 27%.
Ma dalla ricerca presentata emergono anche altre evidenze statistiche: a cominciare dal fatto che i ragazzi che seguono un percorso di formazione professionalizzante si ritrovano ad affrontare il futuro (e il presente) con minor carico di stress rispetto ai coetanei che frequentano altri percorsi scolastici. E trovano anche maggiore soddisfazione personale.La dimestichezza con la "prova" manuale del proprio apprendimento, inoltre, conferisce ai ragazzi anche un maggiore interesse verso la dimensione di piccole imprese artigiane, negozi e attività simili come aspirazione lavorativa. Un mondo con cui riescono a entrare in contatto in anticipo, vincendo timori o stereotipi.
Ma c'è anche un monito, tra i dati della ricerca, che spiega come i tempi siano anche cambiati dal punto di vista della percezione: se una volta trovare un impiego era fondamentale e rappresentava l'unico obiettivo nell'arco dell'esistenza, oggi il lavoro è un aspetto rilevante, ma solo se unito ad altri aspetti della soddisfazione e della vita privata. Ecco perché non sono più le aziende a fare un colloquio ai candidati, ma sono i giovani stessi a "colloquiare" le aziende in cerca di condizioni ideali.
"Noi attuiamo misure politiche, ma alle spalle servono dati che diano certezze sulla situazione - ha commentato la vicepresidente della Regione Elena Chiorino -. Dobbiamo programmare al meglio percorsi che sono anche orientamento verso il mondo del lavoro. È importante che i giovani conservino fiducia, perché troppo spesso sentiamo dire che bisogna andare altrove per realizzarsi. Bisogna trasmettere orgoglio e fiducia".
Marco Gilli, presidente Compagnia di San Paolo, ha aggiunto: "Come Compagnia non ci limitiamo a fare charity, ma vogliamo accompagnare e fare assistenza. E in questo la formazione è fondamentale: la Fondazione ha scelto di investire molto su potenzialità che ci sono, ma che incontrano anche ostacoli come il calo demografico. Senza dimenticare la transizione tecnologica rapidissima. Se vogliamo rimanere competitivi dobbiamo coltivare talenti, oltre ad attirarne da fuori o riportando qui quelli che sono andati via. Ecco perché la formazione professionalizzante diventa fondamentale".
A tirare le fila è stato Marco Muzzarelli, direttore nazionale di Engim: "Bisogna intercettare e interpretare i desideri dei nostri giovani. Bisogna essere attenti quando si cammina in mezzo ai sogni delle persone, ancora di più quando sono giovani che devono scegliere la strada del loro lavoro".