Ho letto la lettera del signor Cavaliere pubblicata nei giorni scorsi.
Non voglio entrare nel merito della lettera ed esprimo a lui e alla signora di cui riferisce la vicenda tutta la mia solidarietà e comprensione.
Ho però piacere di condividere una esperienza molto positiva che mi ha consentito di toccare con mano professionalità, efficienza e umanità del personale di Pronto Soccorso.
Venerdì 31 gennaio vengo portato in Pronto con il timore di un problema cardiaco acuto, per fortuna poi smentito.
Dopo i primi esami resto in osservazione nella zona del triage dalle 16 alle 22.
Il punto in cui sono "parcheggiato", per usare la brutta espressione molto in voga quando si parla del trattamento che si riceve nelle strutture di emergenza, mi consente di intuire chi e per quale motivo si rivolge al Pronto Soccorso e c'è di tutto, ovviamente, da chi ha un grave problema a chi ha magari solo (!) una preoccupazione, che sia per un figlio o per un genitore anziano, o magari crede anche solo di averlo, un motivo per essere lì.
Allo sportello l'infermiera Clara, un saluto e un sorriso per chiunque si presenti, cortese ed efficiente.
Nel tempo in cui sono stato lì, si è concessa solo 30 minuti per la cena, andata e ritorno dalla mensa compresi, nemmeno un caffè o una corsa in bagno.
Ho origliato, lo confesso, e l'ho sentita cercare un medico di altro reparto disposto a suturare il sopracciglio di una bimba, al solo scopo di non farla rimanere a lungo in un Pronto affollato.
Coordinatrice del triage, credo, l'infermiera Cristina che ho visto gestire più di un paziente in contemporanea, me compreso: una parola gentile per la signora anziana, uno scherzo con quelli che si prestavano, un sorriso per tutti.
E la capacità di riprendere a sorridere anche dopo essersi imposta con toni bruschi per riportare ordine quando la tensione è salita un poco, perchè ogni paziente ha la sua storia e talvolta è una storia difficile...
Nelle sei ore in cui sono stato ricoverato non si è allontanata dal triage, non ha cenato, non ha ciondolato in giro come faccio talvolta io al lavoro. Ha ascoltato, preso decisioni, fatto prelievi e ECG: è il suo lavoro, certo, ma sappiamo tutti che a dovere e competenza non è scontato si aggiunga la dedizione.
Del resto del personale non posso dire molto perchè non li ho visti all'opera e non ci ho avuto a che fare direttamente.
Mi sono sembrati in gamba, però, e quando ho sorriso a qualcuno di loro mentre passava ho avuto in cambio un sorriso.
E a me questo fa piacere, per me conta.
Non sono il miracolato che vede tutto con gli occhiali dalle lenti rosa.
Ho al mio attivo, mio malgrado, una discreta frequentazione di ospedale e Pronto e non sempre le mie aspettative sono state in linea con i tempi di erogazione del servizio arrivando persino a scrivere una volta il mio disappunto in una lettera alla Direzione dell'ospedale.
Se chiudo gli occhi rivedo però anche il pezzetto di pandoro lasciato sul comodino di ciascuno poco prima della mezzanotte di un 31 dicembre in un reparto addormentato...
Sento ancora la voce dell'infermiera che mi soccorre e a cui affido quello che temo sarà il mio ultimo pensiero per i figli e mi sorprendo ancora della delicatezza con cui mi ha chiesto di loro mesi dopo, quando io già cercavo di dimenticare quei momenti, lei ancora memore di me e della mia storia diventata un po' anche la sua...Ricordo i sorrisi e la gentilezza del personale di oncologia durante le chemio...
Questa ultima esperienza, da un "parcheggio privilegiato", mi ha fatto riflettere.
Nei miei e nostri giudizi severi sarebbe bello ci ricordassimo, per onestà e riconoscenza, di Clara, Cristina e quanti si impegnano ben oltre quello che stipendio e riconoscimento sociale suggerirebbero loro di fare.
Sapremmo fare come loro o addirittura meglio?
Sapremmo essere più rapidi, più accoglienti, più efficienti, più sorridenti?
Reggeremmo noi, turno dopo turno, quel mestiere lì a contatto con tanta sofferenza?
Non è un mestiere per tutti, mostriamo loro considerazione e riconoscenza.
Grazie