LINK - 17 febbraio 2025, 11:01

Decreto anti cannabis, Bruxelles indaga per anticostituzionalità

Decreto anti cannabis, Bruxelles indaga per anticostituzionalità

Il governo italiano, lo scorso anno, ha presentato due provvedimenti che prendevano di mira la filiera della canapa industriale, non senza incontrare ostacoli da parte delle associazioni agricole italiane che producono cannabis light. Perfino il TAR del Lazio, per ben due volte, aveva posto un freno a questi decreti, atti a porre il divieto di produzione e commercio delle infiorescenze di canapa e derivati, classificando le composizioni per uso orale di CBD tra le sostanze stupefacenti (e dunque con la possibilità di vendita solamente presso le farmacie e dietro prescrizione medica non ripetibile).

Allo stato attuale, l’olio al CBD estratto della pianta di Canapa Sativa L. può essere liberamente venduto all’interno dell’Unione Europea, ma solo se viene legalmente prodotto in uno degli stati membri. Sebbene siano state riconosciute dalla comunità scientifica le sue proprietà rilassanti e terapeutiche e sia stato stabilito che il CBD non rientra tra le sostanze stupefacenti, non è ancora entrata in vigore una normativa capace di mettere d’accordo tutti gli stati UE circa la possibilità di vendere il CBD.

Pertanto, a settembre 2024, la Commissione Petizioni (Peti) del Parlamento Europeo aveva accolto la petizione presentata da Sinistra europea e Verdi, che si sono fatti da portavoce di moltissimi produttori e imprenditori della filiera italiana attivi nel settore della cannabis light. Ma ancora la Commissione europea è ferma e, in questi giorni, i firmatari della petizione hanno chiesto di accelerare i tempi e di discutere di questo importante argomento che rischia di far chiudere circa 3 mila imprese che lavorano con la canapa, attive nel campo della cosmesi, del florovivaismo, degli integratori alimentari e dell’erboristeria.

La commissione Peti si è subito premurata di sottolineare il fatto che la Corte di Giustizia dell’Unione europea, con una sentenza del 4 ottobre 2024, aveva già stabilito che gli Stati membri non possono imporre restrizioni alla coltivazione della canapa industriale, includendo la coltivazione indoor e la coltivazione per la produzione di infiorescenze. Le restrizioni avrebbero motivo di essere valutate solamente se il Parlamento Europeo entrasse in possesso di prove scientifiche che dimostrassero la minaccia alla tutela della salute pubblica da parte del CBD e dei suoi derivati.

Pertanto, a Bruxelles si sta valutando la possibilità di condurre un’indagine preliminare sulla questione, per sciogliere tutti i dubbi in merito all’anticostituzionalità del decreto anti cannabis. Ed è proprio il Parlamento (nelle vesti delle eurodeputate M5s Valentina Palmisano e AVS Cristina Guarda) che chiede a Bruxelles di prendere una posizione nel più breve tempo possibile, inserendo in calendario la discussione della petizione entro marzo/aprile 2025.

Da troppo tempo viene rimandata la questione, che ormai è diventata di prioritaria urgenza, visti i dannosi impatti dal punto di vista commerciale, occupazionale e ambientale che avrebbe l’applicazione definitiva del decreto anti-cannabis.

Il decreto sul CBD violerebbe il diritto europeo?

I provvedimenti governativi sulla cannabis light, infatti, hanno messo in crisi migliaia di piccole e medie aziende agricole, commercianti e lavorati che da anni investono e operato in questo settore. Ma non solo: l’accusa al Governo Meloni è quella di aver violato il diritto europeo, ed è su questo che sta indagando il Parlamento Europeo di Bruxelles.

Oltre 3 mila imprese, in cui lavorano circa 15 mila persone, contribuiscono alla crescita italiana di un settore che vale 500 milioni di fatturato su base annua, fra i quali, in Italia, cbdmania.it. Ma con l’emendamento che vieterebbe la produzione e il commercio delle infiorescenze di canapa e derivati, anche quelle che contengono una quantità di THC inferiore allo 0,2%, si andrebbero a colpire tutti questi attori in gioco, dai piccoli rivenditori di CBD alle grandi filiere agroindustriali.

Ma la posizione delle associazioni di categoria è molto chiara: questi provvedimenti vanno in contrasto con gli articoli 34 e 36 del Trattato sul funzionamento dell’Ue, i quali definiscono il principio di libera circolazione delle merci. A questo si aggiunge il fatto che il governo italiano sia reo di aver commesso anche un errore procedurale, dal momento che entrambe le misure anti cannabis non sarebbero state notificate al TRIS, e cioè al meccanismo europeo che si occupa di accordare con gli Stati membri eventuali modifiche per evitare violazioni del diritto comunitario.

Insomma, la questione è molto calda e non resta che aspettare i prossimi sviluppi.

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